

Moore-Gilbert era una docente di studi sul Medio Oriente all’Università di Melbourne quando è stata mandata nella prigione di Evin a Teheran nel settembre 2018 e condannata a 10 anni. La donna è una dei tanti occidentali detenuti in Iran con accuse di spionaggio. Fra loro AhmedReza Djalali, un ricercatore iraniano-svedese che, prima dell’arresto avvenuto in iran nel 2016, lavorava presso l’Istituto karolinska di Stoccolma. In passato aveva anche collaborato con l’università italiana del Piemonte orientale a novara, dove aveva svolto ricerche sul miglioramento nella gestione delle emergenza da parte degli ospedali in caso di attacchi terroristici o con armi chimiche e biologiche.
L’emittente di Stato iraniana ha mandato in onda un video che la mostrava con un hijab grigio seduta in quella che è apparsa una stanza d’attesa di uno degli aeroporti di Teheran. Il filmato poi mostrava tre uomini con bandiere iraniane sulle spalle: gli iraniani liberati nell’ambito dello scambio appunto.
La pressione internazionale sull’Iran per ottenere il rilascio di Kylie Moore-Gilbert è aumentata negli ultimi mesi a seguito delle notizie secondo cui la donna era in gravi condizioni di salute a seguito di un lungo periodo in isolamento e dopo il suo trasferimento nella famigerata prigione di Qarchak, a est di Teheran.
Durante la sua prigionia, Moore-Gilbert ha intrapreso uno sciopero della fame e ha implorato il governo australiano di fare di più per liberarla.
Fonte: Repubblica