

Lo scambio di prigionieri non è avvenuto con l’Australia ma con la Thailandia, che ha liberato Masoud Sedaghatzadeh, Saeid Moradi e Mohammad Khazaei accusati e condannati dal tribunale di Bangkok nel 2013 perché stavano organizzando un attentato contro funzionari israeliani nel Paese. La polizia scoprì il piano, fece irruzione nell’appartamento dove risiedevano e nel tentativo di fuga uno di loro, Moradi, perse le gambe a causa dell’esplosione di una bomba. La Thailandia nega che si sia trattato di uno scambio di prigionieri anche se Chatchom Akapin, il viceprocuratore generale ha definito il trasferimento dei tre detenuti in Iran un accordo “inusuale”.
Sull’ipotesi che l’Iran abbia ottenuto concessioni da un Paese terzo con la mediazione dell’Australia il premier australiano Scott Morrison non ha voluto commentare, si è limitato a dire che in Australia non è stato rilasciato nessuno, ma diversi diplomatici e funzionari governativi con la garanzia dell’anonimato hanno confermato al The Sydney Morning Herald e a The Age che il governo di Canberra ha avuto un ruolo “cruciale nel portare la Thailandia al tavolo del negoziato per progettare lo scambio di prigionieri che ha permesso il rilascio della dottoressa Moore-Gilbert”. Delle trattative sarebbe stato informato anche il governo israeliano.
La preoccupazione delle organizzazioni umanitarie è che la cosiddetta “diplomazia degli ostaggi” spinga altri stranieri nel meccanismo infernale degli scambi di prigionieri. “Esiste un chiaro schema da parte del governo iraniano per detenere arbitrariamente cittadini stranieri e con doppia cittadinanza per usarli come merce di scambio nei negoziati con altri stati”, ha detto al Sydney Morning Herald Elaine Pearson, direttrice di Human Rights Watch Australia.
Fonte: Repubblica